I dazi di Trump scuotono il settore automobilistico globale: ecco gli effetti concreti

Il pacchetto “Liberation Day” ha introdotto tariffe fino al 145% sulle importazioni cinesi e del 25% sui veicoli

  • Crollo storico del Dow Jones nei due giorni successivi all’annuncio
  • Volkswagen ha sospeso le spedizioni dal Messico e le esportazioni dall’Europa
  • Ferrari potrebbe aumentare i prezzi negli USA ma assorbirà parzialmente i costi

L’amministrazione Trump ha scatenato un terremoto nei mercati finanziari con l’introduzione, il 2 aprile 2025, del pacchetto di tariffe denominato “Liberation Day”. La misura prevede un dazio base del 10% su tutte le merci importate negli Stati Uniti, con aliquote superiori (dall’11% al 50%) applicate a 57 nazioni specifiche. Particolarmente colpita la Cina, con tariffe incrementate fino al 145%.

La reazione dei mercati è stata immediata: l’indice Dow Jones ha registrato il peggior calo su due giorni consecutivi nella storia. Successivamente, il 10 aprile, la maggior parte delle tariffe “reciproche” aggiuntive è stata sospesa per 90 giorni, mantenendo però attivo il dazio generalizzato del 10%.

Il settore automobilistico è tra i più colpiti, con una tariffa del 25% su tutti i veicoli importati a partire dal 3 aprile. Le case automobilistiche hanno reagito in modi diversi: Volkswagen ha introdotto una nuova tassa di importazione sui veicoli destinati al mercato statunitense e ha sospeso le spedizioni dal Messico e dall’Europa; Ford ha esteso il programma di sconti riservato ai dipendenti a tutti i clienti statunitensi; General Motors ha espresso preoccupazione per l’impatto sui profitti, con gli analisti che stimano una possibile riduzione degli utili 2025 fino a 14 miliardi di dollari.

Anche i marchi di lusso come Ferrari, con produzione interamente localizzata in Europa, potrebbero registrare aumenti dei prezzi negli USA, sebbene il marchio potrebbe decidere di assorbire parzialmente i costi tariffari anziché trasferirli interamente ai consumatori. Persino Tesla, pur avendo gran parte della produzione negli Stati Uniti, deve fronteggiare l’incremento dei costi delle materie prime importate.

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