Centri migranti in Albania: rimpatri costosi e inefficienti

Il sistema dei centri migranti in Albania mostra paradossi operativi con trasferimenti inutili e costosi tra i due paesi.

  • Primo rimpatrio avvenuto dopo un inutile trasferimento in Albania
  • Migrante bengalese portato in Albania e poi riportato in Italia per il rimpatrio
  • Richieste d’asilo costringono al ritorno in Italia dei migranti trasferiti

Il primo rimpatrio dai centri migranti in Albania sta sollevando dubbi sull’efficacia del sistema voluto dal governo Meloni. Il caso riguarda un uomo bengalese di 49 anni che, dopo essere stato fermato a Roma, è stato trasferito prima a Caltanissetta, poi a Brindisi e infine in Albania, nel centro di Schengjin.

La procedura ha rivelato un paradosso operativo: dopo una settimana in Albania, l’uomo è stato nuovamente portato in Italia per essere rimpatriato, poiché il protocollo Italia-Albania prevede che le partenze debbano avvenire dal territorio italiano. Un evidente spreco di risorse, considerando che il rimpatrio sarebbe potuto avvenire direttamente da Roma.

Un ulteriore problema è emerso con i primi migranti trasferiti l’11 aprile: tre persone hanno dovuto fare ritorno in Italia. Due per condizioni psicologiche incompatibili con la detenzione, mentre un cittadino marocchino è stato riportato in Italia dopo aver presentato domanda d’asilo. La richiesta di protezione internazionale richiede infatti un’udienza presso la Corte d’Appello italiana, rendendo necessario il trasferimento.

Il sistema dei centri albanesi, trasformati in Cpr (Centri di permanenza per il rimpatrio) rispetto al progetto originale del 2023, mostra così significative criticità operative e logistiche che ne mettono in discussione l’utilità pratica.

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